[Le cose sono unite da (legami invisibili): Galileo Galilei]

Questo bellissimo passo “Le cose sono unite da legami invisibili: non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella” è di Galileo Galilei. Questo concetto si può estendere a tantissime circostanze della vita. Lo potremmo applicare all’infinito, tante sono i significati che nasconde.
Galileo Galilei nacque a Pisa nel 1564. La più grande scoperta di Galilei è stata la teoria eliocentrica dell’Universo, ovvero la concezione secondo cui non è la Terra a trovarsi al centro dell’Universo, ma piuttosto il sole.
Galilei però, durante la sua carriera di astronomo, fu sospettato di eresia e fu accusato di voler sovvertire la filosofia naturale aristotelica e le Sacre Scritture. Così fu condannato dal Sant’Uffizio il 22 giugno 1633.
In ogni caso il capolavoro di Galileo Galilei fu il cannocchiale o telescopio Galileiano. Grazie all’invenzione di questo strumento Galilei perfeziona e studia la volta celeste. Grazie a questo semplice dispositivo Galilei riuscì a vedere particolari sfuggiti all’occhio umano. Per esempio vide le irregolarità del suolo lunare, le innumerevoli stelle che affollavano la Via Lattea e gli “Astri Medicei”, ossia i quattro satelliti di Giove.
Il più grande capolavoro di Galileo Galilei è stato Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, Galileo Galilei (facsimile) Capolavoro scientifico e letterario di Galileo concepito in forma dialogica e articolato in quattro giornate.
Nel gennaio del 1610, Galileo giunse alla conclusione che non si trattava di stelle, bensì di quattro “lune” che ruotano attorno a Giove, come la Luna attorno alla Terra. Egli annunciò la sua scoperta nell’opera che lo rese famoso, il “Sidereus Nuncius”, pubblicato a Venezia nel marzo 1610
Il processo a Galileo Galilei, sostenitore della teoria copernicana eliocentrica sul moto dei corpi celesti in opposizione alla teoria geocentrica, sostenuta dalla Chiesa cattolica, iniziò a Roma il 12 aprile 1633 e si concluse il 22 giugno 1633 con la condanna[1] per “veemente sospetto di eresia” e con l’abiura[2] forzata delle sue concezioni astronomiche.
Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo

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